Questa volta mi piacerebbe scrivere di un attore italiano, al posto di un intero film straniero. Mi è venuto in mente Carlo Verdone. Non ricordo quale sia stato il primo film che ho visto con lui come protagonista; quello che so è che, probabilmente, l’idea che sarebbe diventato un grande attore era ben chiara a tutti.
Leggendo qua e là notizie sulla sua vita, ho appreso che la carriera nel cinema inizia con la direzione di alcuni cortometraggi, poi andati perduti. Ma forse, in modo inconsapevole, già con la sua tesi di laurea in Lettere Moderne dal titolo “Letteratura e cinema muto italiano”. Un altro contributo sarà certamente arrivato da suo padre, critico cinematografico e docente universitario di storia del cinema, ma in generale dalle frequentazioni che la famiglia aveva.
Al netto della sua formazione, Verdone è un attore di grande bravura per il talento con cui interpreta i personaggi, per esempio nei film a episodi, dove i ruoli sono estremamente distanti fra loro. A cominciare dall’espressività facciale, che è un fatto non scontato e che gli consente di passare da scene esilaranti a scene malinconiche in modo naturale.
Verdone sa rappresentare molto bene l’italiano medio, che è poi lo scopo della “Commedia all’italiana”. Generalmente questa espressione è usata in modo offensivo, per indicare una tipologia di cinema di serie B, arrivata dopo il Neorealismo (corrente culturale nata durante la Seconda Guerra Mondiale e mantenutasi attiva anche negli anni a seguire, e che si è diffusa proprio attraverso il cinema). Certo, non tutto ciò che ha prodotto la Commedia all’italiana è apprezzabile, ma ha definito un’epoca e ha rivolto l’attenzione, anche con amarezza, ai vizietti di una minoranza poco stimabile di italiani. Per fortuna, una minoranza. A presto