Sbuffate? Tutti i giorni? Quante volte al giorno? Ve lo chiedo perché a me succede ma se mi guardo intorno, ovunque mi trovi, non vedo gente farlo. Quindi lo faccio solo io?
È successo, per la prima volta anni fa, in seguito ad alcune vicende personali e familiari. Era diventata una abitudine: già di prima mattina mi capitava di sbuffare, anche se apparentemente non c’era un motivo valido per farlo. La cosa mi aveva messo in guardia perché volevo e dovevo risalire all’origine di questo effetto. E poi, sapete quanto mi piacciano le buone maniere, e sbuffare non rientra tra queste. Mi consolava il fatto che sbuffassi in casa, fuori mai. Questo non voleva certo dire che l’origine di questo atto involontario fosse nel posto che più mi piace: casa mia, appunto. Forse, semplicemente, stava a indicare che a casa mia mi sentivo libera di esprimere questa insofferenza. Ma perché lo facevo?
Ho iniziato a concentrarmi sulle mie giornate, sulle persone con cui mi relazionavo, sul tempo libero. Sul lavoro no, perché in quel periodo non ce l’avevo. Le mie giornate erano quelle di una disoccupata-casalinga forzata. Intendiamoci, come ho scritto sopra, la mia casa è il mio posto del cuore ma la ripetitività delle faccende domestiche mi annoiava. Poteva essere quello il motivo? Escludo le persone, perché erano le mie figlie, la mia famiglia di origine e gli amici di sempre. Il tempo libero nemmeno, non ho mai avuto problemi a gestirlo come piace a me.
Allora ho cercato l’argomento su pubblicazioni di psicologia e siccome sbuffare è un sintomo, a dispetto dell’antipatia del gesto, ha un valore positivo perché “costringe” a indagare sull’insofferenza che sta portando alla luce. Può essere temporanea e durare qualche giorno, giusto il tempo di risolvere una questione contingente di vita quotidiana; oppure duratura e magari aumenta e allora l’indagine deve essere rivolta verso se stessi.
E’ molto importante non trascurare questa condizione, perché infine è il nostro cervello che ci avvisa che stiamo percorrendo una strada che non è la nostra, stiamo subendo decisioni che non sono le nostre e ignorare questi segnali può rovinare la qualità della vita e magari i rapporti con gli altri, in qualsiasi contesto.
Nel mio caso, la motivazione era il senso di immobilismo che provavo, dopo aver lasciato la mia attività di antiquaria. Se devo dirla tutta, non c’erano in quel momento altri lavori che avrei fatto con la stessa passione. E sono passati molti anni prima di ricominciare a occuparmi di antiquariato, anche se in un modo un po’ differente.
Dopo aver individuato il punto di partenza, magicamente smisi. Il sintomo non serviva più. Da qualche mese però, ho ricominciato, e quindi dovrò rimettermi a lavoro per capire di cosa si tratti. E comunque, investigare mi diverte.