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Maggio 2021

Normalmente, un film giallo, non lo si guarda mai più di una volta. Con i film gialli di Alfred Hitchcock, siamo di fronte alla eccezione che conferma la regola. Questo è, più o meno, il pensiero di un giornalista esperto di cinema, ma non chiedetemi il nome, non lo ricordo.

“La finestra sul cortile” l’ho visto due volte, e proprio sere fa ho proposto alla mia tribù di guardarlo ancora. Alla fine, abbiamo scelto altro, ma resta nella scaletta dei film da riguardare presto. Raffinato, è il primo aggettivo che mi viene in mente ma potrei usarlo per diverse pellicole di Hitchcock. Grace Kelly, che Hitchcock definiva “ghiaccio bollente”, fu protagonista in 3 sue pellicole: “Delitto perfetto”, “La finestra sul cortile” (appunto) e “Caccia al ladro”. Quest’ultimo, dei 3 il meno pauroso, complice forse l’ambientazione. James Stewart, affascinante e ottimo attore (ma anche architetto e militare), molto apprezzato da Hitchcock, il quale però, ad un certo punto fece a meno di lui, poiché riteneva che il suo aspetto tradisse in qualche modo la sua età anagrafica, facendolo sembrare più vecchio e poco adatto ad alcuni ruoli.

In questo film, i due sono rispettivamente una ricca ragazza, modella per passatempo, e un fotoreporter momentaneamente fermo a causa di una frattura alla gamba. Sono fidanzati e sorvegliati dalla domestica, interpretata da Thelma Ritter. La forzata immobilità, lo porta a passare molto tempo alla finestra della sua casa, per accorgersi che oltre questa, c’è un piccolo mondo di cui vale la pena occuparsi. Tutto quello che accade negli appartamenti dei palazzi di fronte e giù nel cortile, diventa a un tratto interessante e intrigante, ma sempre con l’occhio del professionista.

Il tratto giallo si sviluppa proprio a partire da questo nuovo hobby, che coltiva con la sua macchina fotografica o con un binocolo.

Il film si caratterizza molto per i primi piani: allo spettatore a volte sembra di essere dentro quella casa, accanto ai protagonisti e la suspense, via via che la trama si dipana, sale di livello. E non potrebbe essere diversamente, con Hitchcock dietro alla macchina da presa.

Trattandosi di un giallo, non andrò oltre con la trama, per i pochi, forse pochissimi, che non lo hanno ancora visto. Aggiungerò solo che, si pensò alla composizione di un brano musicale solo per i titoli di testa, affidata a Franz Waxman; invece, per la colonna sonora, furono usate musiche di proprietà della Paramount Pictures.

Cos’altro? Niente, guardatelo! Io intanto cercherò quelli che non ho ancora visto.

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La prima penna? Il dito. Sì, nella preistoria il dito o le dita erano essenzialmente penne o pennelli. Il vantaggio era che ce l’avevi sempre, quando ti servivano. Noi moderni, quando siamo al telefono, una penna nei paraggi non la troviamo, neanche a pagarla.

Dopo le dita, arrivarono gli steli di piante per le pergamene poi fili metallici per incidere la cera. Tutto questo in Egitto, Grecia e Roma. Fra gli Egizi, risaltava lo Scriba, un trascrittore di professione. Oltre agli steli di piante, gli Egizi usavano delle cannucce vuote con una punta alla base e una mescola di polvere di carbone e sostanze vegetali, come inchiostro.

Con i Greci e con i Romani non cambiò molto, se non per la punta in metallo. Dal V secolo dopo Cristo, e fino al Medioevo, si passò alle penne ricavate dalle piume di uccello: ecco perché penna.

Per passare dalle piume di uccello alla stilografica, bisognerà arrivare al 1800. Iniziò la produzione di pennini metallici, che però avevano 2 inconvenienti: estrema rigidità e perdita dell’inchiostro sui fogli, che ovviamente dava un aspetto disordinato allo scritto. Nacque così l’idea, e fu dell’editore inglese James Perry, di produrre pennini più flessibili e più facili quindi da usare; per ovviare alla perdita di inchiostro sulla carta, si pensò di montare il pennino su un cilindro vuoto all’interno, ed ecco così la stilografica e questa invenzione si deve a Lewis Waterman.

Waterman, oggi è diventata una parola per indicare alcune stilografiche, esattamente come quando diciamo “biro”. Làszlò Birò è stato un giornalista ungherese che con il fratello chimico, nel 1936 inventò la penna a sfera. La necessità di una penna alternativa alla stilografica, gli suggerì l’idea di una piccola sfera inserita alla base di una cartuccia di inchiostro; questa sfera, roteando prendeva l’inchiostro nella giusta quantità, rendendo la scrittura più veloce, e soprattutto più asciutta. Scrivendo con la penna a sfera, non era più necessario aspettare che il testo scritto si asciugasse e si eliminava il rischio che troppo inchiostro sporcasse i fogli, soprattutto quando si trattava di documenti.

Oggi, si scrive poco a mano ed è un peccato. Io stessa per scrivere sul blog, uso solo il mio computer portatile, ma potrei benissimo scrivere le bozze a mano. Il cellulare poi, ha sostituito quasi completamente foglio e penna: ma non ci viene mai voglia di prendere un quaderno e una penna e scrivere in modo tradizionale? Pensate che io sono mancina e quando andavo a scuola avevo sempre il mignolo sinistro sporco di inchiostro. E ormai, sono anni che non si sporca più.

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Ricordate Ernesto Calindri, seduto a un tavolino al centro strada, mentre beveva un amaro al carciofo (e altre 13 erbe)?

All’epoca ero piccola, ma mi faceva letteralmente impazzire l’aria imperturbabile di questo signore che, completamente concentrato a bere il suo Cynar, non si curava di tutto il resto.

Voi cosa fate contro il logorio della vita moderna?

Io, per dirne qualcuna, leggo. Da quando ho imparato a leggere, l’ho sempre trovato un ottimo salvavita. Durante l’adolescenza poi, leggere mi ha letteralmente salvato e non dal logorio, ma dalla noia.

Quando posso guardo il mare. Da casa mia, il mare non si vede; da casa mia vedo le colline e la superstrada e quando è buio le luci delle auto che sembrano formiche in fila. Perciò, al mare devo proprio andarci ma va bene così.

Guardo un film. Se straniero, in lingua originale con i sottotitoli, sennò doppiato. Se scelgo un film italiano, so che mi piacerà, o almeno è quello che succede la maggior parte delle volte.

La musica la ascolto poco, anche se mi piace. Non tutti i generi, però. Mi piace ascoltarla soprattutto in auto, mentre guido.

Eh già, stavo dimenticando la guida. Dell’auto, s’intende. Quando guido sono molto a mio agio e questo era chiaro già da piccolina, quando guidavo il mio go-kart rosso oppure al luna park, nel settore delle auto da scontro. Ma se leggete i miei articoli, questa passione per la guida la conoscete già, giusto?

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