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Dicembre 2021

Questo è un romanzo in cui, sebbene il titolo sia chiaro e definitivo, i protagonisti sono almeno tre, e uno di questi non è umano.

Uno sguardo generale

Honoré de Balzac è l’Autore di questo romanzo scritto nella prima metà del 1800. Fa parte di Scene della vita di provincia, che a sua volta rientrerà nella monumentale opera chiamata La Commedia Umana. Balzac è certamente uno dei nomi più altisonanti della letteratura francese. Benché abbia avuto una infanzia complicata, e in generale, una vita spericolata costellata da debiti economici a cui non riusciva a fare fronte, il suo talento, la sua creatività e la sua conoscenza profonda del genere umano e della borghesia del suo tempo, hanno reso i suoi romanzi appassionanti e attuali.

Saumur è il comune francese in cui si svolge la storia della famiglia Grandet. Balzac esclude di proposito una città grande, o addirittura Parigi, poiché il suo intento è proprio quello di mettere in evidenza i tratti provinciali e un po’ arretrati, tipici dei piccoli centri. La famiglia Grandet è composta da Felix, sua moglie Madame Grandet, la figlia Eugénie e la domestica Nanon. A un certo punto, anche il cugino Charles. Tutti i personaggi secondari, ma presenti, li potrete scoprire leggendo il romanzo. Sì.

La trama

Come ho scritto sopra, c’è un protagonista che non è umano. Si tratta del denaro. Felix ne è ossessionato. Pur essendo un uomo ricco, di una ricchezza solida e sostanziosa, vive al di sotto delle sue possibilità, per via della sua avarizia e cronica paura di impoverirsi. Cosa del resto assai improbabile. Purtroppo costringe a una esistenza inutilmente misera anche la moglie e la figlia. Potrebbero vivere in un bel palazzo e invece possiedono una casa spoglia e scialba, lontana dal centro del paese.

Questa povertà imposta dal capo-famiglia, naturalmente finisce per intaccare la personalità di tutti i personaggi. Felix è avaro non solo per quanto riguarda il denaro, ma anche di sentimenti ed emozioni, anzi per essere più precisi li prova solo per le sue ricchezze. Le donne di casa, madre e figlia, sono molto legate ma questo legame non è sufficiente ad abbattere le rigide regole del marito/padre e quindi si adattano, non per affetto verso costui, semplicemente per mancanza di carattere.

Ad un certo punto della storia, entra in scena Charles, figlio del fratello di Felix. Bello, giovane, brillante e un po’ dandy, si ritrova ospite di in una casa fredda in tutti i sensi. Durante la permanenza Charles riceve la notizia del suicidio del padre, soffocato dai rovesci di lavoro e anche questo lutto lascia Felix indifferente, benché si tratti di suo fratello. Non è l’unica novità del romanzo, ma come sempre faccio, mi fermo per non rivelare troppo.

Un consiglio

Mi sento di consigliarvi la lettura di questo romanzo, ma prima ancora di leggere la biografia dell’Autore. Probabilmente sarà una operazione superflua per molti di voi, ma per i pochi che non lo conoscono sarà sicuramente utile. Buona lettura

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Fondamentalmente non sono superstiziosa, non in senso rigoroso. Ci sono delle cose a cui faccio caso, ma poi penso che farci caso sia normale prudenza, o istinto di conservazione. Quindi sì, evito scale e impalcature (del resto, è fatto avviso e divieto di passarci sotto) e sto molto attenta a non rompere specchi. Primo perché mi piacciono un sacco, poi per evitare di ferirmi e perché no, anche per evitare 7 anni di disgrazie.

E qui arriva Einstein al quale non mancava certo l’ironia: “Tutto è relativo. Prendi un ultracentenario che rompe uno specchio: sarà ben lieto di sapere che ha ancora 7 anni di disgrazie“. Basta un punto di vista diverso e un presagio si trasforma in leggera considerazione.

Una esperienza personale

Molti anni fa, una conoscente comunicò che di lì a poco lei e il suo fidanzato si sarebbero sposati. Io e una mia amica decidemmo di regalarle un bracciale di perle coltivate. Sapevo vagamente che le perle non si regalano alle signorine, ma in quel momento fu un pensiero veloce e siccome il bracciale era davvero grazioso, più che altro pensai che avrei potuto comprarlo per me. Quando lo ricevette (io ero assente), dette alla mia amica 50 lire per spezzare il malaugurio che recava con sé il bracciale, in quanto di perle. Trovai la faccenda bizzarra, ma rispettai la sua reazione perché non sapevo che fosse superstiziosa, e di nuovo pensai che avrei potuto comprarlo per me. Dopo qualche tempo, la madre della futura sposa superstiziosa ebbe un piccolo incidente che se non ricordo male, costrinse a rimandare il matrimonio. Non è un ricordo nitido, ma mi pare che andò così. Ebbene, la signorina decretò che il responsabile fosse l’inconsapevole bracciale. Che spreco!

Dopo questo episodio decisi di approfondire: volevo sapere quale fosse il legame tra perle e sventura. Ho trovato una spiegazione che è molto convincente, ma magari non è l’unica, poiché le superstizioni si tramandano, come i miti e le leggende, e il racconto nel tempo può modificarsi o magari, è possibile che ci siano più versioni, tutte plausibili.

Nel 1500, in Inghilterra, alle donne che possedevano gioielli era proibito indossarli durante le funzioni in chiesa, che fossero una messa, o un funerale. L’unico gioiello consentito era appunto la perla; da qui l’associazione con le lacrime e il dolore. Si dice anche, che in Cina e Giappone, quando morivano i pescatori di perle durante le immersioni, le loro donne incolpassero appunto le perle, perché portavano pianto e dolore. Sappiate comunque, qualora le riceviate in regalo, che potete dare una simbolica moneta, come fece la conoscente di cui ho parlato prima.

Io ricevetti una collana di perle da mia madre prima del matrimonio, e non le detti alcuna moneta: lei non ci crede e neppure io. Fine

Ombrello, gatto nero, cappello sul letto

Qualche mese fa ho scritto un articolo sulla storia dell’ombrello, nella categoria antiquariato (Sotto la pioggia e sotto il sole) e chi lo ha letto sa che fu inventato per proteggere dal Sole. E da qui nasce la superstizione, secondo cui aprire un ombrello in casa porti sfortuna. Infatti, anticamente, si riteneva che nei raggi solari si celassero spiriti maligni che poi si sarebbero liberati se l’ombrello fosse stato aperto in un ambiente chiuso. Mia nonna paterna, donna colta e intelligente, aveva paura di questa cosa e ciò dimostra che se una credenza condiziona, non importa quanto uno legga e studi, gli rimarrà sempre addosso. Il gatto nero.

Il gatto, dalle origini, ha conosciuto sorti molto diverse. È passato da animale sacro, secondo gli Egizi, tanto che il parterre delle divinità contemplava una dea con corpo umano femminile e testa di gatto, chiamata Bastet. Durante il Medioevo le cose cambiarono notevolmente. Al gatto furono attribuiti poteri malefici e fu dichiarato animale fedele al Diavolo. Da qui partirono le persecuzioni, fra l’altro benedette dalla Chiesa, le torture e le uccisioni di gatti soprattutto dal pelo nero. Ovviamente, i topi andarono a nozze, nel senso che si diffusero talmente tanto da scatenare la peste bubbonica. Una pandemia, in realtà.

Il cappello sul letto, invece, è malvisto perché ricorda l’usanza del medico che arrivava al capezzale del malato all’ultimo stadio, e nella fretta di intervenire poggiava appunto sulla coperta il proprio cappello. Per la verità anche il prete, quando era chiamato dai familiari del malato.

Su superstizione e dintorni c’è un elenco lungo di racconti interessanti. Almeno per me. Non viene risparmiato nulla: oggetti, flora, fauna, astri e relativi fenomeni, hanno stimolato la creatività di interi popoli e la diffusione di miti, leggende e affini si è tramandata nei secoli, subendo anche le normali modificazioni che capitano raccontando. Se volete, raccontate pure la vostra posizione in merito, o magari una esperienza diretta o indiretta.

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Padova

di Le righe di Ornella

Padova è un ricordo lontano di metà anni ’80. E non fu neanche una vacanza, ma una toccata e fuga in un giorno di novembre. Bella giornata, soleggiata e tiepida.

Vi anticipo che sarà un articolo particolarmente breve, poiché non ebbi molto tempo per visitare, ma qualcosa posso scriverla. Intanto, esattamente come Bologna, Padova ha tanti portici, per cui è agevole da percorrere a piedi, anche nelle giornate di pioggia. Inoltre le cose interessanti da visitare sono abbastanza vicine tra loro, e anche questo se si ha poco tempo, giova.

Dunque, cominciamo con la Basilica di Sant’Antonio da Padova, una delle chiese più visitate al mondo, dal turismo religioso. Costruita per custodire i resti del Santo, contiene al suo interno una piccola chiesa preesistente, dedicata alla Madonna Mora. Un’altra, fra le tante caratteristiche, è l’aggregazione di stili: romanico, gotico, bizantino e moresco, fanno tutti parte della struttura architettonica della Basilica. Dopo aver visitato la Basilica, si potrà fare un giro per le piazze. Che io sappia, Padova ne ha almeno 4: Piazza della Frutta, Piazza Erbe, Piazza dei Signori e Prato della Valle.

Quest’ultima, è la piazza più grande di Padova e fra le più grandi del mondo. Piazza della Frutta e Piazza Erbe sono i luoghi commerciali da sempre dei padovani. Piazza dei Signori, invece ospita la Torre dell’Orologio. Costruita nella seconda metà del 1400, ospita un orologio astronomico che ancora oggi conserva i suoi originari ingranaggi e, oltre a segnare il temo, indica le fasi lunari e notizie di astrologia.

Dove fare una pausa tra una visita e un’altra

Al Caffè Pedrocchi. Preciso subito che non ci sono mai stata poiché al tempo della mia visita, questo bar era chiuso per questioni legali fra il Comune di Padova e i gestori dell’esercizio. Quello che ho imparato su questo caffè storico, costruito nella prima metà dell’800, è che viene chiamato anche Caffè senza porte, per il fatto che fino al 1916 era aperto giorno e notte. Pedrocchi è il cognome del fondatore e dopo un passaggio di padre in figlio, l’ultimo erede decise di donarlo al Comune di Padova.

Dopo la pausa caffè

Finito l’intermezzo, si procede verso la Cappella degli Scrovegni. E’ indiscutibilmente un capolavoro dell’arte italiana del 1300. Voluta dal banchiere Enrico degli Scrovegni, fu intitolata a Santa Maria della Carità. Oggi appartiene al Comune di Padova ed è famosa in tutto il mondo per la presenza di un ciclo di affreschi di Giotto, che descrivono la storia di Gioacchino e Anna, la storia di Maria e la storia di Cristo. Da quest’anno è entrata a far parte dell’UNESCO. Per conservare al meglio la qualità degli affreschi, le stanze hanno una temperatura di 18° e le visite sono possibili solo in piccoli gruppi e hanno una durata ben precisa. Conviene prenotare. Buon viaggio

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