Essere e avere

Qui scriverò dell’insieme di regole, che riguardano il vivere civile, la buona educazione, la grazia. Non sarà una sezione didattica, ma una occasione, di trattare un argomento che considero un vero “salva vita” nelle situazioni più diverse.

Quanto sono belli i matrimoni! A me piacciono proprio, mi sono sempre piaciuti e da piccola far sposare la mia Barbie con l’eterno fidanzato Ken, era un gioco ricorrente. Che poi, io e le mie sorelle avevamo una Barbie ciascuno, ma Ken era uno solo, per cui a turno si sposava anche con le altre due. Ovviamente, erano sempre matrimoni con stile ed eleganza. Le nostre Barbie avevano molti abiti, alcuni originali, altri confezionati da mia nonna Nella, la nonna paterna. Era bravissima e aveva molto gusto. Poi sono arrivati i matrimoni veri: degli zii, dei cugini più grandi e degli amici dei miei genitori.

Intanto, una ripassata alle buone maniere ad un matrimonio, la vogliamo dare? Sì.

La pandemia da COVID ha messo in secondo piano molti eventi della nostra vita, e anche i matrimoni che si faranno prossimamente, dovranno sottostare ad alcune regole che però, riguardano soprattutto la sicurezza di ciascuno di noi. Ma anche quelle che riguardano le buone maniere sono importanti e che si sia contenti o meno di ricevere l’invito, bisognerà rispettarle.

Iniziamo appunto dall’invito. Sarà carino fare una telefonata per confermare di averlo ricevuto e ringraziare, e con l’occasione informarsi sull’orientamento dato ai regali. Se avremo ricevuto solo la partecipazione, potremo limitarci a fare un telegramma di auguri oppure un regalo meno impegnativo.

La scelta dell’abito. I due colori proibiti sono il bianco e il nero. Il primo perché è riservato alla sposa, il secondo perché è il colore del lutto. Questo vale anche per gli uomini, che opteranno per il blu o per il grigio, che si tratti di una cerimonia di mattina o di pomeriggio. I testimoni invece, vestiranno come lo sposo. Se il matrimonio è di mattina noi signore potremo indossare un cappello ma in ogni caso eviteremo scollature eccessive o abiti piuttosto eccentrici.

Puntualità. Non dovrebbe essere necessario precisarlo, ma è doveroso essere in chiesa o in municipio, prima dell’arrivo della sposa. Così come, bisognerebbe perdere la brutta abitudine di aspettarla fuori dal luogo della celebrazione. Si arriva, si entra e si prende posto a sinistra o a destra. È facile. Durante il banchetto parteciperemo con leggerezza e divertimento (magari ci stiamo annoiando a morte), e anche se i nostri piedi nelle scarpe elegantissime e strette, staranno urlando pietà, non andremo via almeno fino al taglio della torta. Non so bene al Nord, ma da noi al Sud la bomboniera è ancora in uso. E’ il momento più temuto dagli invitati e anche il più criticato. Ci salva il fatto che non sia previsto aprire la confezione davanti agli sposi, fondamentale se non siamo capaci di nascondere la delusione.

Penso di non aver tralasciato nulla di quello che riguarda gli invitati. Prossimamente, scriverò di tutto ciò che riguarda gli sposi, le loro famiglie, tensioni ed eccitazioni.

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Ho già raccontato dei miei giochi da piccola? Fra i preferiti c’era l’ora del tè. Prendevo un servizio di porcellana bianca, anni ’60, regalo di nozze dei miei genitori; una tovaglietta adatta, ricamata a mano e apparecchiavo per terra. Apparecchiavo per 4 anche se ero da sola, e davo il “lei” di cortesia a tutte le altre immaginarie signore. Non ho mai rotto nulla e ho giocato così per qualche anno.

Vediamo invece, cosa fare quando gli ospiti sono reali e non immaginari.

Anche se, tradizionalmente, il tè delle 5 è considerato un evento poco laborioso, la forma non va trascurata: invitare con il giusto anticipo è preferibile. Se si dispone di un giardino e se il tempo lo consente sarà bello allestire all’aperto. Altrimenti il salotto di casa andrà benissimo. Solitamente, si organizza per pochi intimi e quindi il divano e un tavolino dedicato al servizio, saranno sufficienti a far stare comodi tutti; se però, il numero degli invitati e superiore alla capienza delle sedute, potremo apparecchiare la tavola: una tovaglia ben stirata, un servizio in porcellana e dei vassoi con pasticcini di vario tipo, faranno il resto. Se la tavola è lunga, occorrerà più di una teiera. In più, dal momento che sono davvero in pochi quelli che bevono il tè così com’è, non dimentichiamo zucchero, latte e limone.

I puristi e conoscitori del tè, lo preferiscono sfuso, tuttavia se nelle vostre vicinanze non ci sono negozi specializzati, quelli in bustina di buona qualità, andranno benissimo. E naturalmente, ma usare acqua di rubinetto per prepararlo. Nel frattempo sono arrivati tutti, e anche quando ci sono i domestici, tocca alla padrona di casa versare il tè nelle tazze. Questo ci riguarda se invitiamo.

Se siamo invitati, oltre alle note regole del convivio, ricordiamo di vestire in modo sobrio, trattandosi del pomeriggio, e che è appropriato portare un piccolo dono. Sulla puntualità non devo aggiungere niente, ma mi raccomando.

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Io e i miei fratelli abbiamo avuto tante possibilità di godere della vita all’aria aperta, in ogni stagione. Come ho già scritto in altri articoli, mio padre è stato un militare di mare. Questo significava doverci trasferire di quando in quando, e ovviamente la costante nei posti in cui abbiamo abitato, era appunto il mare. Una vera gioia!

Quello che invece è stato più difficile da trovare, era un parco o una villa comunale che potesse essere attraente per i bambini, ma anche per i genitori. Ma quando abitavamo a Bari, andavamo spesso in un giardino bello e con molte giostrine. Era un giardino privato in un grande condominio, ma a noi era concesso entrare. Potere del cognome (no, scherzo!).

Naturalmente i nostri genitori si aspettavano il meglio da noi in termini di comportamento e buona educazione. Le raccomandazioni da ripassare prima di uscire di casa erano un passaggio obbligato, mentre infilavamo il cappottino e allacciavamo le scarpe. Poi ci sono tornata da mamma e con il papà abbiamo trasmesso alle nostre figlie le regole che avevamo imparato. E anche se ora sono grandi e magari non salgono più sullo scivolo, le ripetizioni aiutano sempre.

Per prima cosa, non dimentichiamo che un parco è un luogo di svago ma anche di relax: è lecito divertirsi in compagnia, senza però dimenticare che magari ci sono bambini molto piccoli che dormono e adulti o anziani che vogliono semplicemente godere dell’aria aperta in silenzio.

Non monopolizziamo le piccole giostre: altalena o scivolo o qualsiasi altro gioco, devono essere usati per un tempo stabilito, in modo che tutti i bambini possano goderne; se decidiamo di portare con noi pattini oppure biciclette, ricordiamo di rispettare le normali regole di andatura: un parco non è una pista da corsa. Lo stesso vale se siamo troppo veloci sull’altalena, poiché potremmo colpire qualcuno.

Se è prevista una merenda, ricordiamo poi di lasciare pulita la panchina o la zona di verde che abbiamo occupato. Sto dicendo cose ovvie, lo so; tuttavia, quando con la mia amica Annalisa, la domenica mattina percorriamo un tratto di strada che costeggia la scogliera, molto spesso troviamo per terra incarti di cibo, bottiglie di bevande o succhi, benché i cestini comunali dei rifiuti siamo ben visibili (e vuoti).

Ai genitori mi sento di ricordare che fumare è altamente sconsigliato: essere all’aperto non impedirà al fumo di arrivare a chi non lo tollera. Evitiamo pure, fra genitori, di cedere a pettegolezzi o affermazioni offensive verso chiunque. I bambini, anche se apparentemente impegnati o distratti, registrano tutto e poi ripetono credendo che sia giusto.

E, per finire, godiamoci il momento in spensieratezza all’aria aperta!

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E di buone maniere a scuola, non vogliamo occuparcene?

Delle mie elementari mi ricordo la maestra Carmela, la compagna di banco Marilena e altre bambine di cui purtroppo ho perso le tracce perché all’epoca vivevamo a Bari, ma poi siamo andati via. Mi ricordo di Teresa, molto timida, di Marta, di Felicia e di altre ancora ricordo il viso ma non il nome. Tutte femminucce nei nostri grembiuli color carta da zucchero. Che poi, se ci penso, io una carta da zucchero forse non l’ho mai vista in vita mia.

La maestra entrava in classe e noi ci alzavamo in piedi. E così è stato fino alla fine delle superiori. Oggi non so se si usi ancora; sarebbe bello se fosse così! E arrivo alla prima regola: la puntualità. Essere a scuola qualche minuto prima che suoni la campanella ci permetterà di entrare in classe all’ora richiesta; è un ottimo esercizio che farà di uno studente puntuale, un adulto puntuale.

In classe, come per qualsiasi luogo in cui ci sia una piccola comunità, poche norme ma esercitate da tutti, alleggeriscono anche le giornate più pesanti. Restare in silenzio quando il docente parla, o un compagno è interrogato è un dovere. Vestirsi in modo appropriato, ordinato e pulito è una forma di rispetto verso di noi e verso gli altri. Evitiamo di far notare le firme dei nostri abiti, non è elegante di per sé e poi, magari in classe ci sono compagni che non possono permettersi abiti costosi. Telefoni o smartphone devono rimanere chiusi nello zaino: sì è difficile non farsi tentare dai social, ma ci piacerebbe se il nostro nuovissimo cellulare, super intelligente, fosse sequestrato dall’insegnante di turno? No.

Durante la ricreazione è possibile fare merenda: benissimo, ma lasciamo pulito e in ordine lo spazio che occupiamo.

Non trattiamo i bidelli come camerieri personali, non lo sono mai stati degli studenti. Forse in passato di docenti e presidi, ma ora non più. Non scambiamo le pareti dei bagni per fogli da disegno da imbrattare. Queste sono regole generali che chiunque potrebbe scrivere. Io voglio aggiungerne due, tutte mie.

“Passare la copia” durante i compiti in classe si è sempre fatto e anche quando sembrava che il docente avesse 100 occhi si riusciva ad aiutare il compagno in difficoltà. Non c’è niente di male; quello che non va bene è approfittare della preparazione di qualcuno per avere il compito bello e pronto, senza alcuno sforzo e senza pensare mai di dover ricambiare la cortesia, perché di cortesia si tratta. Quindi ricordiamoci di ringraziare e ricambiare.

E poi una strizzatina ai professori che usano nomignoli offensivi verso alcuni studenti. Non voglio mettere in discussione l’autorità, assolutamente. Ma ho conosciuto docenti che avevano una idea a senso unico della buona educazione e del rispetto e spesso dimenticavano che con i loro comportamenti arroganti davano un pessimo esempio, creando dei precedenti e gettando un’ombra sui colleghi estranei a questi deplorevoli modi di fare.

Esiste, in tutti i contesti, il rispetto dei ruoli, il rispetto per le persone e per luoghi che rappresentano istituzioni e valori, e questo vale per tutti.

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A giugno scorso, quando l’odore del mare e dell’estate cercava di distrarci dalla tristezza della pandemia e della quarantena, scrissi un articolo nella categoria “viaggi”, che intitolai “Di mare”.

Oggi torno a parlare di imbarcazioni e di viaggi per mare, ma dal punto di vista delle buone maniere. Già da bambina, mi erano chiare. Mio padre è stato un militare di mare, e diceva sempre quanto fossero importanti, proprio per controbilanciare gli scarsi spazi a disposizione.

Che si scelga un traghetto, una grande nave da crociera oppure una barca a vela, le regole saranno molto simili ma una su tutte prevarrà, a prescindere dalla tipologia di imbarcazione: il rispetto per gli spazi.

Il traghetto. Solitamente lo scegliamo per tratte brevi che dalla terraferma ci portano alle isole. È molto frequentato, soprattutto da giovani con zaino e voglia di vacanza senza genitori, anche per il costo del biglietto alla portata di tutti. Ebbene, anche per un percorso di poche ore, cerchiamo di tenere a mente alcune semplici regole. Sui traghetti è consentito consumare un pasto a sacco, così come è consentito utilizzare il proprio sacco a pelo per dormire; quindi, ricordiamo che disturbare gli altri viaggiatori parlando a voce alta, ascoltando musica a volume alto, e in generale imponendo la nostra presenza, saranno validi motivi per farci volare in acqua. Scherzo! Però facciamo attenzione.

La nave da crociera. È come una città in piccolo (forse l’ho già scritto nell’altro articolo) ma per gli ambienti che frequenteremo è bene sapere che: la cabina, piccola o grande, è una vera e propria camera d’albergo. Avremo cura di non fumare e di tenerla in ordine, anche se il personale di bordo se ne prenderà cura tutti giorni. E a questo proposito, ricordiamo sempre che i camerieri incaricati delle camere non sono i nostri camerieri personali. Rivolgiamoci a loro solo in caso di stretta necessità. Normalmente le mance sono regolate dalle singole compagnie di navigazione. Quelle italiane, le hanno rese praticamente obbligatorie. L’abbigliamento cambierà secondo il momento e in valigia metteremo almeno due abiti eleganti, per le serate di gala (per gli uomini vale lo smoking); per la sera in genere, un abito da cocktail con gioielli discreti per noi donne, giacca e cravatta per gli uomini.

Al ristorante potrebbe capitare di dividere il tavolo con altri viaggiatori, magari sconosciuti; in questo caso ci presenteremo subito e durante la permanenza al tavolo, eviteremo argomenti spinosi e magari noiosi in vacanza. Stessa regola per il ponte esterno con le piscina e le vasche idromassaggio. Rilassiamoci e facciamo rilassare gli altri.

In barca. Personalmente non ho mai fatto una vacanza in barca, ma spero di risolvere prossimamente. Il bagaglio sarà ridotto e le calzature saranno adatte al pavimento dell’imbarcazione. Se prenotiamo una barca con equipaggio, dovremo rispondere al comandante dei nostri comportamenti; se invece siamo invitati su una barca privata, senza equipaggio o servizio, potrà esser richiesta la nostra collaborazione. E penso proprio che sarebbe divertente. Se soffriamo il mal di mare, declineremo l’invito. A nessuno piacerebbe guardare la nostra faccia verde per la nausea.

Bene, credo di aver scritto tutto quello che dovremmo sapere. Se avete esperienze da raccontare, o regole da aggiungere, le aspetto nei commenti. A presto

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Io e i miei fratelli abbiamo ricevuto una educazione di stampo militare. Questo tipo di formazione prevede poche regole ma ferree e, tra queste, l’esercizio al silenzio.

Saper tacere è importante. Ci salva da situazioni imbarazzanti quanto delicate, e salva tutti quelli che non sapranno mai quali invettive gli abbiamo risparmiato. D’altro canto, vivendo inseriti in società, anche saper conversare è importante e a noi che amiamo vivere con stile, non sfuggono certo le regole giuste. Ma ripassiamole.

Conversare viene dal latino conversari (con + versari), trovarsi insieme. Ecco questo già svela un piccolo segreto: si parla tutti a turno, conversazione non è monologo. È vero che molti amano il suono della propria voce e ancor più le cose che dicono, ma per quello ci sono i palchi e i microfoni. In un salotto, come pure al ristorante, o davanti a un caffè, prima ancora di parlare esercitiamoci all’ascolto. La voce. Avere una bella voce è un gran pregio e chi invece non ce l’ha, può sempre esercitarsi per migliorarla; una cosa però che ci riguarda tutti è il tono che non deve essere un sussurro, che inevitabilmente escluderebbe chi è distante, ma neanche troppo alto perché credo sia il primo motivo per il quale una conversazione rischia l’insuccesso.

Lo stesso vale per i gesti. È difficile stare fermi fermi per tutto il tempo, ma proviamo a tenere ferme almeno le braccia: in questo modo avremo un maggiore controllo delle mani. Gli argomenti. Sarebbe preferibile evitare religione e politica: è davvero difficile che con questi temi si riesca a mantenere un livello educato e civile di conversazione; il rischio che la tavola diventi un ring di pugilato, è alto. Sarà allora compito dei padroni di casa, traghettare gli ospiti su argomenti più leggeri e condivisi. Lo stesso vale per barzellette volgari o allusioni a doppio senso: se siamo ospiti facciamo finta di niente perché, anche in questo caso, toccherà ai padroni di casa togliere tutti dall’imbarazzo.

Un’altra accortezza sarebbe non trattare argomenti troppo specifici che escludano qualcuno: la fisica quantistica può aspettare.

I pettegolezzi. A volte rendono frizzante una riunione, ma solo se riguardano cose piccole e frivole; viceversa quando cadono nella maldicenza e sfiorano la cattiveria, rappresentano un danno per il malcapitato e producono un effetto controproducente per chi li divulga.

Credo di aver dato un quadro completo, ma vi invito a scrivere nei commenti tutto quello che vorrete aggiungere o magari aneddoti personali. Buona lettura con stile

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Si vola! Sì, si vola ma con stile. Tempo fa ho trattato di buone maniere al volante dell’auto. Siamo tutti o quasi automobilisti ma piloti di aereo non è così scontato, quindi le buone maniere riguarderanno soprattutto i passeggeri.

L’ultima volta in cui ho volato, stavo andando a Roma. Il mio era un posto centrale, e dopo aver sistemato il trolley nella cappelliera e aver preso posto, ho avuto subito chiara la situazione: alla mia sinistra una ragazza che rideva nervosamente con amici che erano seduti al di là del corridoio e alla mia destra un signore anziano che, a motori accesi, si è fatto il segno della croce.

Quadretto divertente a parte, il volo deve essere il più sereno possibile per tutti, per chi abbia paura e per chi non ce l’abbia. Ricordiamoci che la “paura di volare” non esiste. Si tratta invece della “paura di cadere”. Per quanto mi riguarda sono capacissima di cadere anche scalza, per cui sì ho paura di cadere, sempre. Cominciamo dalla fila. È una condizione che capita di frequente nella nostra vita e la fila per l’imbarco in aereo non fa eccezione, si rispetta.

Il bagaglio. È preferibile raggiungere il proprio posto tenendolo sul davanti, in modo da non urtare i piedi a nessuno. Parlare. Ecco nessuno pretende il silenzio assoluto per tutta la durata del volo (neanche nella Cappella Sistina succede, purtroppo), ma parlare o conversare con un tono di voce normale basso, sarà gradito a chi vuole leggere, a chi vuole riposare o semplicemente rilassarsi.

A proposito dei viaggiatori impegnati in qualcosa: evitiamo di molestarli interrompendoli senza motivo. Se ascoltano musica con gli auricolari, è evidente che non sono in cerca di conversazione. Lo stesso se stanno leggendo o guardando un film. Durante i viaggi più lunghi potrà venir voglia di fare una breve e leggera dormita: faremo attenzione a chi sta dietro di noi, chiedendo il permesso di reclinare il sedile ma soprattutto mai e poi mai, toglieremo le scarpe.

Bambini. I viaggi in ambienti con poco spazio a disposizione sono difficili per gli adulti, figuriamoci per i bambini. Per questo motivo, porteremo con noi piccoli giocattoli per intrattenerli. Eviteranno di piangere o fare capricci. E per i più piccoli, credo che per scongiurare il dolore all’orecchio provocato dalla pressurizzazione sarà utile il biberon, ma ovviamente il pediatra sarà più informato.

Se viaggeremo in prima classe terremo presente che ci saranno più comodità, direi più agi, ma non approfitteremo della situazione, per esempio chiedendo il bis di spuntini.

Una volta atterrati, faremo attenzione a non lasciare tracce della nostra permanenza e ci asterremo dall’applauso al pilota. È inopportuno. Al contrario, sarà segno di buona educazione ringraziare sia gli assistenti di volo che il pilota al momento di scendere dall’aereo.

Buon viaggio con stile!

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Oggi sposi, domani chissà. Purtroppo accade, anche alle coppie più solide, di avere un fidanzamento da ricordare e un matrimonio da dimenticare. Intendo, inciampare in una crisi matrimoniale senza via di uscita. Non parlerò delle motivazioni più o meno note, che determinano una rottura matrimoniale, ma del comportamento più appropriato da tenere se dovesse capitar di fare questa esperienza.

A fede tolta, spesso l’unica traccia del matrimonio finito, è il segno dell’abbronzatura che rimane all’anulare (e neanche per molto tempo). Dopo la sentenza, una formale stretta di mano e i due tornano a essere gli estranei di prima di fidanzarsi. Poi ci sono altri casi: per esempio, se ci sono figli i contatti si mantengono per la parte di genitorialità da assolvere. E sempre a noi che viviamo con stile, un’occhiata al saper vivere anche in tema di divorzio, piace darla.

Negli anni ’90, forse anche un po’ prima, in certi ambienti si era diffusa l’abitudine di festeggiare il divorzio, nel senso di celebrare l’atto liberatorio da un matrimonio mal riuscito. L’ho sempre trovato di pessimo gusto: per quanto sì, alcune volte il divorzio sia l’unica soluzione possibile, si tratta sempre del punto di arrivo di un progetto di vita a due che non è riuscito. Non c’è niente da festeggiare, c’è solo da accettare l’evidenza. Se dovesse capitarvi fra le mani un invito a un evento di questo genere, vi consiglio di astenervi dal presenziare.

Iniziamo dalla cerchia di amici. Se sono veri amici saranno dispiaciuti per entrambi, anche quando il divorzio sarà per colpa di uno dei due. Poi, anche qui rivedrei il concetto di responsabilità perché, secondo me, un pizzico di colpa ce l’ha anche chi il divorzio lo sta subendo. Ma torniamo agli amici.

Saranno presenze discrete, eviteranno la raffica di domande per conoscere termini e dettagli. Non serve chiedere, le confidenze arriveranno. E qui mi rivolgo agli ex coniugi: agli amici più stretti, raccontate la novità, mostrando le normali emozioni, dopodiché per il futuro eviterete di essere monotematici, tirando fuori l’argomento a ogni caffè. Anche gli amici più disponibili potrebbero annoiarsi o peggio, sparire.

I rapporti con i suoceri.

“Non erano buoni durante il matrimonio, figuriamoci da adesso in poi!”. Questa considerazione è frequente ma noi che viviamo con stile, non la accoglieremo. No. Se anche i rapporti non sono mai stati idilliaci, è questo il momento di mostrare tutta la classe che possediamo e manterremo un profilo di rispetto, gentilezza e cura della forma. Se la coppia ha figli, c’è un motivo in più per mantenere buoni rapporti con i suoceri: compleanni, feste comandate e qualche uscita insieme ai nonni, saranno di grande aiuto (reciproco) per accompagnarli al cambiamento che ci sarà nella loro vita. Del resto, non solo i figli, ma anche i genitori dei coniugi divorziati, dovranno fare i conti con la nuova realtà.

I regali. I gioielli di famiglia si restituiscono sempre, tutto il resto si deciderà caso per caso.

E per finire, la moglie che volesse continuare a portare il cognome del marito, dovrà essere autorizzata dallo stesso. Personalmente, non trovo necessario continuare a usarlo, ma è solo la mia opinione, non la regola.

Buon stile a tutti

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Da piccoli, di tanto in tanto si andava al parco con le giostre e fare un giro in carrozza, specie se ricavata da una zucca, mi piaceva molto. Faceva tanto Cenerentola che va al ballo. Il fatto è, che anche le scarpe mi piacevano molto e non avrei rischiato di perderne una pur di farmi rincorrere da un principe, per cui la carrozza, ad un certo punto, perdeva la sua magia.

Poi, un giorno ebbi in regalo un go-kart a pedali, rosso fiammante e fu amore a prima vista. La conferma che guidare era nelle mie corde arrivò il giorno in cui scoprì (sempre fra le giostre) il settore delle auto da scontro. Era arrivato il momento di lasciare la carrozza, per quanto bellissima e romantica: volevo l’auto. Un senso di autonomia molto piacevole, offuscato solo dai maschietti che venivano a sbattere contro la mia auto e ai quali lanciavo occhiate tra il seccato e il compassionevole, perché non capivo che divertimento ci fosse a sciupare minuti per sbattere contro qualcuno, quando il bello era proprio guidare.

E per me è bello anche oggi. E a noi che apprezziamo la vita con stile, anche guidare lo facciamo come si deve. La prima cosa sarebbe avere un’auto decorosa, cioè pulita. E questo dovrei dirlo prima di tutto a me stessa. Potrebbe capitare di dover ospitare qualcuno e sarebbe gentile farlo in un’automobile linda e lievemente profumata. Pupazzi ciondolanti, adesivi e avanzi di cibo, no mai. Mozziconi di sigaretta nel posacenere, no mai. Ovviamente, in presenza di passeggeri minori è vietato fumare, senza eccezioni.

La musica. Ecco, è sempre piacevole accompagnare un tragitto con la musica che ci piace, ma faremo attenzione al volume che non sarà troppo alto e, se ci saranno altre persone chiederemo se gradiscono ascoltarla e lasceremo che scelgano quale.

Il clacson non rientra nella musica da scegliere; non si usa per sollecitare l’automobilista davanti a noi, anche se cammina più piano che se fosse a piedi. Si usa solo in caso di estrema necessità. Non si corre oltre i limiti e non si procede alla velocità di una tartaruga. Entrambe le situazioni esasperano.

Non si insultano gli altri automobilisti, anche se fra i denti lo abbiamo fatto tutti, almeno una volta. E può bastare. Non si discute animatamente, questo potrebbe distrarre il guidatore. Nei viaggi notturni, la comitiva cercherà di tenersi sveglia, per non lasciare il guidatore solo, oppure si organizzeranno dei turni alla guida.

Ho notato che agli uomini non piace chiedere informazioni, se sono in difficoltà. Per esempio il mio romano, piuttosto si perde per ore, ma chiedere no. Non forziamoli.

Infine, mettere il rossetto al semaforo? Sì, a patto di aver terminato l’operazione quando scatta il verde. Non è una regola scontata per tutte. Buona guida con stile

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Un paio di settimane fa ho parlato dell’esperienza con i miei levrieri. Una convivenza molto bella fatta anche di rispetto reciproco. Torno sul rapporto con i cani, ma su un piano generale e legato al bon ton.

Forse il titolo vi avrà rimandato a un drago-cane a sei zampe, che emette lingue di fuoco, e che è il simbolo di una nota compagnia petrolifera. In realtà le due zampe in più del titolo, sono le gambe del padrone.

Avere un cane, o un qualsiasi animale che si adatti alla vita domestica, senza che debba rinunciare alla sua essenza (gli uccelli in gabbia), è una esperienza emotivamente e affettivamente forte. La Medicina ha inserito il rapporto uomo-animale fra le possibilità di cura di alcune malattie.

Detto questo, a noi sostenitori delle buone maniere piace conoscere e applicare il comportamento più educato, come possessori o meno di un cane.

Chi possiede un cane, per strada lo terrà al guinzaglio e questo non solo per non arrecare disturbo ai pedoni, ma per la sicurezza del cane stesso. Vi ricordate di quando ho scritto che il mio levriero Indiano fu investito? Ebbene, accadde perché trotterellava davanti a noi, senza guinzaglio. In un negozio lo terremo in braccio. Certo, se abbiamo un alano è un po’ complicato; in questo caso cercheremo una soluzione al momento. Se in nostro cane è imprevedibile, se purtroppo ha dato segni di intolleranza sarà bene prevenire con una museruola. In generale, è meglio che l’animale non entri in contatto con persone estranee.

Manteniamo puliti gli ambienti in cui il nostro cane vive: non solo per la sua salute, ma per quella di tutti i conviventi; se sporca in un luogo pubblico o privato aperto al pubblico, toccherà a noi provvedere a ripristinare pulizia e igiene.

In ultimo, chi non possiede un cane ha mille motivi validi; evitiamo di imporre la nostra bestiola come se fosse un dono del Cielo. Se non piace, non piace.

E adesso tocca a chi il cane non ce l’ha. Vi piacerebbe prenderne uno ma siete allergici, non avete spazio in casa, non potete dedicargli tempo, oppure non vi piacerebbe affatto averne uno. Tutto lecito. Quello che non va bene è tormentare chi ce l’ha, spesso con lamentele ingiustificate. Ne ho viste e sentite spesso, e guardando il cane di turno, ho compreso cosa vi avrebbe detto se avesse potuto parlare. A presto

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