Viaggi

Normalmente non parlo di ciò che non conosco, o che conosco poco; nel caso dei viaggi, farò una eccezione perché esistono anche quelli di fantasia.

È carina già dal nome, ma è carina davvero in ogni caso. Martina Franca sorge sulle colline della Murgia ed è in provincia di Taranto. Il doppio nome è antico e nello specifico “Martina” deriva dalla devozione a San Martino di Tours, mentre “Franca” si deve a Filippo I d’Angiò che concesse alla città alcuni benefici in termini di tasse. E’ nella Valle d’Itria, insieme a Cisternino e Locorotondo. La Valle d’Itria è una fetta di territorio della Puglia e coincide con la Murgia meridionale.

La storia di Martina Franca, assomiglia a quella di tanti comuni del Meridione. Longobardi, Saraceni, Svevi e Angioini furono popolazioni e casati che governarono la città. In più, tra il 1300 e il 1400 una comunità ebrea allontanata dalla Francia, si stabilì proprio in questa città, o meglio nella sua periferia. La convivenza non fu facile, e anzi molti ebrei cedettero alla conversione forzata al Cristianesimo, dopo avere subìto maltrattamenti e, in ogni caso, senza mai ottenere il permesso di vivere in città.

Lo stile architettonico prevalente è il barocco e la Basilica di San Martino edificata nella metà del ‘700 è l’esempio più calzante, in Piazza Plebiscito. Incantevole la statua del santo patrono che cede il suo mantello al mendicante. La potete ammirare sulla facciata esterna. Anche all’interno ci sono opere d’arte interessanti, le reliquie di Santa Comasia e il presepe di Stefano da Putignano. Piazza Maria Immacolata è considerato il salotto della città, anche per via della forma semiellittica e dei portici che insieme creano un effetto avvolgente.

Il Municipio è ospitato all’interno del Palazzo Ducale, edificato nel 1600 e conosciuto per i suoi affreschi nelle sale del Mito, dell’Arcadia e della Bibbia. Martina ha diversi palazzi nobiliari, ma il più antico è Palazzo Turnone, di una antica e potente famiglia napoletana.

Vi segnalo, ma non lo conosco personalmente, il Museo del Bosco delle Pianelle, una riserva naturale dove si preservano specie vegetali e animali.

Per gli amanti della musica classica, il Festival della valle d’Itria è senza dubbio un appuntamento che non si può mancare; si svolge in estate e se non sono male informata, quest’anno si svolgerà tra la seconda metà di luglio ai primi di agosto. Covid permettendo.

Buona vacanza in Puglia

0 commento
5 FacebookTwitterPinterestLinkedinTumblrRedditStumbleuponWhatsappTelegramLINEEmail

Siamo stati a Tivoli in un sabato di giugno del 2017. Era una giornata molto calda e delle tre magnificenti ville che avremmo potuto visitare, scegliemmo Villa d’Este. Tivoli o “Tibur Superbum” come la definì Virgilio, è un comune della città metropolitana di Roma Capitale. Una leggenda vuole che sia sorto prima di Roma.

Confesso di non aver girato per la città, poiché il tempo a disposizione non era sufficiente, ma Villa d’Este l’abbiamo percorsa in lungo e in largo e anche se non avevamo una guida turistica che ci istruisse, la visita è stata interessante e soddisfacente.

Villa e giardino, furono commissionati dal cardinale Ippolito d’Este, figlio di Lucrezia Borgia e Alfonso I, all’architetto Pirro Ligorio. In ogni caso, non si trattò di una costruzione sorta dal nulla. La Storia racconta che Papa Giulio III, nominò il cardinale d’Este governatore di Tivoli, e gli donò un convento benedettino, come residenza personale. Questo convento, però, si presentava troppo spartano per le abitudini del cardinale: da qui l’idea di ristrutturarlo per renderlo più sontuoso, più adatto al suo rango.

La beffa fu che poi il cardinale poté godere della bellezza del posto per soli 3 mesi (se non ricordo male) poiché la ristrutturazione del convento aveva richiesto anni di lavori; questo perché l’avanzamento era strettamente legato alle sue vicende politico-ecclesiastiche, fatte di alti e bassi.

Tornando alla Villa, come per tutte le costruzioni antiche e fino al XIX secolo, era costituita da un piano nobile e un piano inferiore. Entrambi affrescati e ugualmente belli. Il giardino, è quasi una storia a sé. Intanto la progenie del cardinale lo arricchì, per esempio commissionando a Bernini la “Fontana del Giglio” detta anche “Bicchierone”. Dal vivo, credetemi, è di grande effetto. Ma la suggestione maggiore, almeno per me, è arrivata percorrendo il viale delle “Cento Fontane”. E’ un viale che collega la “Fontana dell’Ovato” alla “Rometta” dove sono presenti appunto 100 fontane disposte su 3 piani, che simboleggiano i 3 affluenti del Tevere. La Fontana dell’Ovato è anche detta regina delle fontane, poiché è nella sua vasca che confluiscono le acque del fiume Aniene. La Rometta, rappresenta Roma e le sue vittorie.

Le fontane sono tante e tutte molto belle e all’epoca della loro costruzione, sicuramente ancora di più. Oggi quello che ammiriamo è stato inevitabilmente intaccato dall’erosione dell’acqua, ma fascino e storia sono inalterati.

Tutte le altre tipo la “Fontana di Proserpina”, “Le Peschiere” e tante altre vi lasceranno a bocca aperta, garantito.

Villa Gregoriana e Villa Adriana sono nella lunga lista dei posti e siti da visitare. In futuro, scriverò di loro.

Buona visita

0 commento
5 FacebookTwitterPinterestLinkedinTumblrRedditStumbleuponWhatsappTelegramLINEEmail

E’ senza dubbio uno dei Comuni più famosi in Italia, e all’estero. Ospita eventi annuali importanti, e spesso produzioni cinematografiche.

Il suo centro storico è su una roccia a strapiombo sul bellissimo mare pugliese. Le origini di Polignano a Mare, sono molto antiche; nella frazione di Santa Barbara sono state trovate tracce dell’era neolitica, cosa del resto comune ad altri luoghi della Puglia.

In epoca romana, fu importante per i collegamenti fra Roma e Brindisi, e ancora oggi si può individuare la via Traiana che attraversa Lama Monachile. Chiamata anche Cala Ponte, Lama Monachile fu costruita in epoca borbonica. A causa delle mareggiate, o per esempio dopo l’alluvione del 2006, può subire modificazioni ma il suo indiscutibile fascino resta immutato; tra l’altro è l’immagine di Polignano più famosa all’estero.

Casa dell’Orologio. Edificio di epoca medievale, originariamente esponeva una meridiana, sostituita poi da un orologio tenuto in funzione dagli attuali proprietari dell’immobile. Questa casa si trova nel centro storico.

Chi conosce un po’ la Puglia, saprà delle torri di avvistamento. Durante il XVIII secolo, solo in Puglia se ne contavano più di 100, tutte le altre erano sparse per il Regno di Napoli. Ecco, a Polignano ce ne sono due. Torre S. Vito e Torre Incina. La prima, sorge nei pressi dell’Abbazia di S. Vito e la seconda a Cala Incina, una insenatura fra Polignano e Monopoli. L’Abbazia, si trova appena fuori il centro abitato, e rappresenta il sito più importante della cittadina (la vedete in foto). A partire dal 1500 ospitò i frati minori dei SS Apostoli, poi passò al Regio Demanio ma dopo l’Unità d’Italia, a nobili privati. La chiesa, edificata dai benedettini nel X secolo, attualmente appartiene al Ministero degli Interni. Questo particolare l’ho scoperto poco prima di scriverlo, perché do sempre per scontato che gli edifici religiosi appartengano al Vaticano.

Per concludere vi segnalo l’Arco Marchesale, o Porta Grande, si tratta di porta che dà l’accesso al centro storico. Edificata nel 1530, era compresa in una cinta muraria. Sopra l’Arco è possibile ammirare un dipinto della Crocifissione, di cui però l’Autore è ignoto.

Bene, buona visita, buon divertimento. E tanto cibo…

2 commenti
4 FacebookTwitterPinterestLinkedinTumblrRedditStumbleuponWhatsappTelegramLINEEmail

Nizza

di Le righe di Ornella

Sono andata diverse volte a Nizza e già dalla prima, ebbi una impressione di familiarità. Come dire, nonostante fossi a molti chilometri dalla mia regione, era come se non mi fossi spostata molto. Poi capì che mi ricordava Bari. Lo dissi a un signore che abitava, anzi abita, al confine italiano e scoppiò a ridere. Ma io ero seria e quando ripenso alle strade larghe, alle rotonde, al lungomare, che vi devo dire, ripeto sempre quell’accostamento della prima volta.

Per le prime due o tre estati da turista, poi da antiquaria, in giro per negozi e mercati di altri antiquari. Il mercato di cose antiche è di lunedì. Avevo scritto “era”, poi ho dato un’occhiata su internet e ho visto che c’è ancora e lo fanno in Cours Saleya. Cose belle per tutte le tasche.

Nizza si affaccia sulla Costa Azzurra ed è molto vicina all’Italia. Ha origini molto antiche: fu, infatti, fondata da coloni Greci prima di Cristo e chiamata Nikaia; Nicaea, invece, dai Romani. Per la sua importanza, soprattutto commerciale, è stata nel corso dei secoli molto contesa fra Longobardi, Saraceni ma soprattutto fra Italiani e Francesi. Questa altalena è andata avanti fino al 1860, quando passò definitivamente alla Francia, e da lì in poi perse gradualmente tutte le caratteristiche di italianità: per esempio l’uso della lingua italiana che dalla metà del ‘500 era la lingua di governo, la trasformazione dei cognomi in francese e la chiusura di alcuni giornali.

Quando deciderete di visitarla, scoprirete che ha una forte vocazione turistica ed è veramente carina. Non so con cosa iniziare l’elenco, ma direi che la “Promenade des Anglais”, cioè una passeggiata che costeggia il lungomare, che ospita eventi importanti e le famose sedie blu per ammirare il mare, non dovrà sfuggirvi. Baie des Anges è il nome del lungomare. “Palais Lascaris”, antico palazzo del 1600, appartenuto a una famiglia nobile è oggi un importante museo della musica e si trova nel centro storico.

“Place Massena” (1840) è la piazza più importante di Nizza; circondata da portici che ospitano negozi, caffè e ristoranti ma anche una famosa installazione di Jaume Plensa, che si chiama “Conversazione a Nizza”, formata da 7 statue che rappresentano i continenti. Un’altra piazza importante è “Place Garibaldi” e il nome dice tutto. “Parc Phoenix” è un parco botanico molto interessante con fontane animate a ritmo di musica classica, padiglioni con molte specie di farfalle e volatili e percorsi di scienze naturali, molto interessanti per tutte le età.

Segnalo, ma non li ho ancora visitati, il “Museo Matisse” e le due Cattedrali: una di religione russa ortodossa S. Nicola e l’altra di religione cattolica dedicata a Santa Reparata.

Ovviamente c’è tanto altro da visitare, ma poi ciascuno sceglie l’itinerario in base a gusti e interessi personali. Buon viaggio!

0 commento
4 FacebookTwitterPinterestLinkedinTumblrRedditStumbleuponWhatsappTelegramLINEEmail

Esattamente come per la gita a Trani e Barletta, quella alla Certosa di Padula e alle Grotte di Pertosa-Auletta, iniziò con un Sole caldo in una giornata limpida. Piano piano diventò di nuvole e pioggia.

La Certosa di Padula.

Arrivati sul posto appresi, dalla Guida che ci avevano assegnato, che si chiama anche Certosa di San Lorenzo. In Campania ci sono 3 Certose. Questa fu la prima a essere edificata, ed è la più grande d’Italia. La costruzione, che risale al 1300, fu voluta da Tommaso II Sanseverino, nobile ricco e potente che, per assicurarsi la benevolenza del sovrano Angioino, decise di dedicare ai Certosini (Ordine religioso francese) questo monastero. Il sito scelto per la sua edificazione aveva due vantaggi: la qualità dei terreni circostanti che avrebbe garantito lavoro e autosufficienza ai monaci; la possibilità di controllare le vie di collegamento del Regno di Napoli. Nel tempo, l’abbondanza dei prodotti della terra superò le aspettative dei monaci, che poterono avviare il commercio degli stessi. Dopo la caduta della dinastia dei Sanseverino, i monaci diventarono proprietari della Certosa.

Nei secoli successivi, la Certosa di Padula conobbe interventi architettonici, rifacimenti e ampliamenti, che la arricchirono e abbellirono. Subì anche periodi avversi. Durante il periodo Napoleonico, Murat la trasformò in caserma e mise fuori i monaci. Non solo. Le ricchezze e l’importante biblioteca, furono dispersi. Con la dinastia dei Borboni rientrarono in possesso dell’edificio, ma il prestigio di cui avevano goduto per secoli, nel frattempo era finito. Dopo l’Unità d’Italia dovettero, ancora una volta, andare via.

Oggi, alcune sale ospitano il “Museo Archeologico Provinciale della Lucania Occidentale” (ho cercato la dicitura esatta perché non me la ricordavo). Non mi cimenterò nella descrizione architettonica, non è il mio campo, poi non ricordo tutto quello che ci disse la Guida e comunque ci sono pubblicazioni autorevoli sull’argomento (anche riguardo la leggenda della “frittata di 1.000 uova” preparata proprio nella cucina della Certosa). Quello che posso dirvi è che si respira ancora la sobrietà e l’austerità tipica dell’Ordine certosino, che è un po’ in contrasto con lo stile Barocco che ha acquisito con i rimaneggiamenti del 1700.

Dopo un intervallo per il pranzo a sacco, abbiamo ripreso la strada per l’altro appuntamento.

Le Grotte di Pertosa-Auletta.

Queste Grotte si collocano all’interno dei Monti Alburni. Sono particolarmente interessanti per 2 motivi: nel secondo millennio a.C. ospitarono insediamenti urbani, come testimoniato da vasellame e utensili. Questi oggetti si trovano in 3 musei: “Museo preistorico etnografico di Roma”, “Museo archeologico nazionale di Napoli” e “Museo provinciale di Salerno”.

Inoltre, all’interno delle Grotte c’è un fiume navigabile, il “Negro”. Ovviamente ho fatto la mia parte e sono salita in barca. La navigazione mi è sembrata la scena di un film storico, perché la barca era trainata a mano, quindi molto silenziosa. A parte l’acqua mossa dalla barca non si sentiva altro. Attualmente, non esiste una mappatura completa delle Grotte, poiché sono molto estese, anche se si parla di una lunghezza di almeno 3 chilometri. In ogni caso, la parte visitabile è molto bella, anche per l’impianto di luci colorate che creano un effetto davvero suggestivo.

Da diversi anni, le Grotte, ospitano rappresentazioni teatrali ed eventi, in genere. “L’Inferno di Dante nelle Grotte” è una delle più longeve. Dimenticavo di aggiungere che il calcare impiega ben 100 anni per crescere di un centimetro. Immaginate che danno enorme si rischi anche solo toccando queste formazioni, che poi sono le stalattiti e le stalagmiti. Se deciderete di visitarle, ricordate che è possibile farlo solo dietro prenotazione e per gruppi piccoli. E copritevi perché l’umidità si può tagliare.

Bene, buon divertimento!

0 commento
3 FacebookTwitterPinterestLinkedinTumblrRedditStumbleuponWhatsappTelegramLINEEmail

Nel caso di Barletta e Trani, non si è trattato di un viaggio ma della gita di un giorno. Ero in un gruppo nutrito fra amici, conoscenti e guide turistiche che si è ritrovato in una domenica di fine aprile. Giornata bellissima fino al tardo pomeriggio, quando poi è venuta a trovarci la pioggia.

Barletta e Trani, insieme ad Andria formano una provincia, detta anche BAT.

TRANI. Fu la prima delle due tappe. Le sue cave di roccia sedimentaria sono uno dei motivi per cui Trani è famosa. Noi, per esigenze di tempo, visitammo solo la Cattedrale e il Castello Svevo.

La Cattedrale sorge vicinissima al mare. Curiosamente non ha edifici intorno e questo la rende ancora più maestosa; inoltre, i raggi solari mettono in particolare evidenza il bianco che vira leggermente al rosa, tipico della pietra con cui fu realizzata. La struttura rispetta la cultura romanica pugliese e la sua costruzione, voluta dal Vescovo di Bisanzio, risale al 1099. Il campanile è, credo, di un paio di secoli più tardi ed è visitabile fino alla cima, a pagamento. Purtroppo non lo sapevo e quindi ho perso l’occasione di guardare dall’alto il mare e la città. In ogni caso, non abito molto lontano da Trani e quindi potrò ritornarci e rimediare. La Cattedrale è consacrata a San Nicola Pellegrino.

Il Castello Svevo di Trani. Sotto il regno di Federico II di Svevia, tra Puglia e Basilicata, sono stati costruiti 111 castelli. Quello di Trani è uno dei più importanti. Manfredi, figlio di Federico, lo scelse come sede del suo matrimonio con Elena Ducas e in genere, per i suoi soggiorni. Come è noto, in seguito angioini e aragonesi si succedettero durante le loro dominazioni, e anche questo castello passò sotto il loro controllo. Ma Trani ha tanto altro da mostrare: il Porto dal quale partivano i Crociati per la Terra Santa, la Villa Comunale con il Fortino, il Museo Ebraico e il Museo delle Carrozze. Poi tanto altro, cercate cercate…

BARLETTA. A Barletta arrivammo nel primo pomeriggio, dopo una pausa per il pranzo. Trani la conoscevo già ma a Barletta non ero mai andata. La prima visita fu al Colosso. Detto anche Eraclio, raffigura un uomo che finora non è stato possibile identificare. Quello che è certo osservando le sue vesti, è che si trattasse di un militare di alto grado, di epoca romano-bizantina. Si trova nei pressi della Basilica del Santo Sepolcro.

Poi fu la volta della Cantina della Disfida. È chiamata anche “casa di Veleno” e nel 1503 fu teatro di uno scontro tra 13 soldati Francesi e 13 soldati Italiani, con la vittoria di noialtri.

Il Palazzo della Marra. E’ un palazzo di stile rinascimentale che, dalla sua fondazione, ha ospitato diverse famiglie nobiliari (Della Marra, infatti, è il cognome di una di esse) e che grazie a Donato Ceci, mecenate, fu ristrutturato e salvato dall’intenzione dello Stato di abbatterlo. Ha un’architettura abbastanza rigorosa, a eccezione del balcone sopra l’ingresso principale, ricco in fregi e raffigurazioni. Le più importanti rappresentano la Giovinezza e la Vecchiaia. Dal 2007 ospita la Pinacoteca De Nittis. Giuseppe De Nittis è stato un pittore vicino al Verismo e all’Impressionismo, nato a Barletta, che a un certo punto della sua vita si trasferì in Francia e lì sposò Léontine Gruvelle. È sepolto a Parigi, nel cimitero di Père-Lachaise. Se capitaste a Barletta sarebbe un vero peccato non visitare questa Pinacoteca. Gli estimatori dell’Impressionismo troverebbero sicura soddisfazione.

Non ricordo per quale motivo saltammo la visita alla Cattedrale di Santa Maria Maggiore, e del Castello vedemmo solo gli esterni, ma le guide furono dettagliate e precise. Probabilmente per la pioggia, proprio la pioggia primaverile. Muovendosi dal Castello, si incontra Porta Marina; si tratta dell’unica porta superstite dopo l’abbattimento delle mura di cinta, nel 1860.

Bene, questo è ciò che visitai quel giorno, ben sapendo (e questo succede sempre) che ci sarebbe voluta un’altra gita per completare il tour. E ci sarà. A presto

0 commento
1 FacebookTwitterPinterestLinkedinTumblrRedditStumbleuponWhatsappTelegramLINEEmail

A Bologna, la prima volta mi sono fermata per poco più di un mese. In quel periodo, cadeva il mio compleanno e fu il primo e forse l’unico che festeggiai lontano da casa. Compivo ben 13 anni. Ero dagli zii e con le mie cugine.

Al momento, Bologna rappresentava per me il posto più lontano e più a Nord di casa mia, che avessi mai visitato. La prima cosa che mi colpì furono i portici. Tanti portici, 38 km di portici ma in alcuni blog di viaggio ho letto anche 40 km. Pensai che lì nessuno usasse gli ombrelli. E’ anche la città delle torri, ma il numero di queste, nel corso del tempo, è diminuito. Dagli Etruschi alla Seconda Guerra Mondiale è stata spesso protagonista della Storia. E’, in quanto nello Stato Pontificio, fu dichiarata capitale settentrionale dello stesso.

Arrivando in treno, la prima strada che balza agli occhi è Via Dell’Indipendenza, che unisce la Stazione Centrale a Piazza Maggiore ed è la strada in cui facilmente prosciugherete il vostro portafogli. Quindi, Piazza Maggiore che è molto grande e ospita importanti palazzi storici, per esempio Palazzo d’Accursio. All’interno di questo palazzo si trova la Biblioteca Salaborsa e attraverso la sua pavimentazione trasparente, si intravedono reperti archeologici, visitabili con o senza guida. La Basilica di San Petronio e la Basilica di Santo Stefano, detta anche delle Sette Chiese, non perdetele perché sono molto belle e fra le più grandi al mondo.

Museo Civico Archeologico, Palazzo dell’Archiginnasio (antica sede dell’Università, oggi Biblioteca Civica) con all’interno il Teatro Anatomico; la Torre Garisenda e la Torre degli Asinelli, sono le due più famose fra le tante torri erette a Bologna durante il Medioevo. Tutte avevano funzione di difesa, ma anche di affermazione del potere delle famiglie più importanti. Di circa 100 torri ne sono rimaste 22 o 24, sempre secondo i vari blog che ho consultato per i dettagli.

Cos’altro? San Luca. In realtà Santuario della Madonna di San Luca, è un sito religioso che non dovreste perdere. Io lo visitai durante la mia prima permanenza ma poi, nonostante sia tornata spesso a Bologna non ho più avuto occasione di andarci. Ci si arriva percorrendo una via porticata con gradini. Non ricordo quanto fosse lunga da percorrere, ma ricordo che trovai questo percorso molto rilassante e divertente. Bene, buona permanenza e prendete del tempo per assaggiare la cucina bolognese. Come ovunque in Italia, la cucina del luogo non tradisce mai.

0 commento
3 FacebookTwitterPinterestLinkedinTumblrRedditStumbleuponWhatsappTelegramLINEEmail

A Gallipoli ho vissuto per un certo periodo. Il lavoro di mio padre prevedeva periodici trasferimenti, e Gallipoli fu la nostra residenza per 3 anni.

Ricordo bene la casa, vicino al mare. Ricordo la disposizione delle stanze, il salotto in cui ricevevo le mie amiche immaginarie (le mie sorelle erano troppo piccole per i giochi che piacevano a me) con le quali prendevo un tè. Per questo tè, ovviamente, avevo scelto un servizio di porcellana che i miei genitori avevano avuto in regalo per il matrimonio. L’ho sempre maneggiato con cura e senza rompere nulla, e se si considera che avrò avuto 3 o 4 anni, posso dirmi soddisfatta. Ricordo la cucina luminosa e le anguille che sgusciavano dalla pentola. Non le ho mai mangiate. Non ho memoria, invece, delle camere da letto.

La casa era a un piano e sullo stesso pianerottolo c’erano i proprietari dello stabile. Marito, moglie e 4 figlie universitarie. Le mie sorelle troppo piccole, queste ragazze troppo grandi, per cui non ho mai chiesto neanche a loro di prendere un tè, alle 5 del pomeriggio. Un’altra cosa che mi viene in mente di quel periodo, era il teatrino dei burattini e delle marionette, in Piazza Tellini. Almeno credo, se i ricordi sono giusti, che fosse lì. Io seduta in prima fila, con le gambe che non toccavano a terra, le scarpe occhio di bue (ve le ricordate?), concentrata a seguire storie di cavalieri coraggiosi e damigelle in pericolo.

Ma al di là dei miei ricordi c’è una Gallipoli molto carina da scoprire. Se andrete in estate, una giornata alla spiaggia della Purità vi lascerà contenti. E’ una piccola spiaggia proprio sotto i bastioni della città e al tramonto potrete spostarvi sull’isola di Sant’Andrea dove c’è il faro che segna l’orizzonte; un tempo, per la presenza di una fonte di acqua dolce, ospitava greggi di pecore. Oggi, è sede di nidificazione del gabbiano corso, ed è perciò disabitata.

Il centro storico sorge non proprio al centro del paese, fu progettato dai Greci i quali fecero in modo che le abitazioni più esterne fossero protette dai venti di mare. La Cattedrale di Sant’Agata (patrona della città) e la chiesa di San Francesco d’Assisi, entrambe barocche. In realtà, la chiesa di San Francesco era di origine medievale, poi rimaneggiata fra il 1600 e il 1700. Al suo interno ospita 10 altari barocchi e due statue in legno raffiguranti la crocifissione dei ladroni. Personalmente non ricordo di averla mai visitata, quindi dovrò rimediare presto. E come ogni posto che si rispetti, c’è un castello: il Castello Angioino Aragonese. Circondato quasi del tutto dal mare, la sua costruzione è iniziata nel 1200 ma nel tempo ha subìto le trasformazioni, secondo i conquistatori che si avvicendarono.

Poi la vita sociale, le spiagge, il cibo, la bella gente, il mare, il famoso Festival della Taranta, che celebra la pizzica, antico rito per esorcizzare il dolore che provocava il morso della tarantola. Attraverso il ballo si cercava di superare il dolore fisico. Ovviamente, oggi è una danza di puro svago ed è molto divertente.

Non mi viene in mente altro, ma se siete stati a Gallipoli di recente, scrivete pure nei commenti la vostra esperienza. Se, invece, non ci siete mai stati, non dimenticate di assaggiare lo spumone. Ciao

0 commento
3 FacebookTwitterPinterestLinkedinTumblrRedditStumbleuponWhatsappTelegramLINEEmail

Vienna

di Le righe di Ornella

Vienna degli Ultravox? No, Vienna la capitale dell’Austria. Ci sono stata prima di andare a Praga. Stesso viaggio, tra fine luglio e i primi di agosto.

L’arrivo a Vienna fu surreale, per me che ero al secondo volo in aereo, della mia vita. Eravamo sopra l’aeroporto: Vienna-Schweschat è il nome, e siccome la pista era occupata, sorvolavamo in tondo in attesa di avere il permesso di atterrare. Mi sentivo tanto un rapace prima dell’agguato.

Alla fine ce la facemmo a scendere. Aereo, navetta, centro-città, taxi e albergo. Albergo grazioso, camera quasi grande. Era passata abbondantemente l’ora di pranzo e avevamo davvero fame. Ecco, posso dire che la carne che mangiai quel primo giorno di permanenza, buonissima e tenera, non l’ho più mangiata in nessun altro posto per molti anni.

I giorni a disposizione erano 4; molto pochi per una capitale ma riuscimmo a visitare, goderci la città e anche ridere. Ridere capitò durante il giro di una parte del centro storico in carrozza. C’erano due possibilità: giro corto e giro lungo con sosta in una famosa birreria. Ora, io non bevo birra, proprio non mi piace, ma ci sembrava folkloristico e quindi scegliemmo questa opzione.

Dunque individuammo una carrozza libera e fissammo con il cocchiere il tipo di tragitto. Bel pomeriggio, sole e caldo quanto bastava e partimmo per il giro. A metà ci fu la famosa sosta. Io rimasi su, gli altri due scesero ad assaggiare questa birra viennese. Fin qui tutto normale, ma quando riprendemmo il percorso ci accorgemmo che i passanti ci guardavano e ridevano di gusto. Non capivamo fino a quando la testa del cocchiere non si piegò in avanti. E fu tutto chiaro: dormiva perché era mezzo ubriaco, una cosa a cui non avevamo badato durante la contrattazione. Se per ogni turista che sceglieva il giro lungo, beveva anche lui una birra, immaginate un po’ come arrivasse a sera. Il cavallo lo sapeva bene e percorreva il tragitto da solo, a memoria. Finì che ridemmo pure noi finché non tornammo alla base.

Un’altra cosa che mi ricordo con piacere fu una vecchietta, molto fine e carina, che suonava il sax all’ingresso della Kärtnerstraße, la strada pedonale che ha 5 punti focali. E’ una strada molto grande, con ristoranti, negozi lussuosi e appunto artisti di strada. Le strade pedonali si assomigliano un po’ tutte; questa ospita l’Haas-Haus, palazzo moderno che a vederlo per la prima volta, stona un po’ con l’architettura circostante, ma attraverso la sua facciata a specchio, si intravede il Duomo di Santo Stefano che è di fronte. Un bell’effetto. Questo Duomo è il più grande dell’Austria ed è qui che ho sentito una messa interamente in latino, per la prima volta. La seconda volta fu a Praga, dopo qualche giorno.

Graben e Kohlmarkt sono le strade più prestigiose della zona pedonale. Nella prima c’è la “Colonna della Peste”, eretta proprio in seguito all’epidemia che scoppiò nel 1687. Nella seconda, più stretta, esclusivi negozi di abbigliamento e gioiellerie e la storica pasticceria “Demel”.

Da qui poi, si accede all’Hofburg.

L’Hofburg è la residenza imperiale e insieme al Castello di Schönbrunn, ha rappresentato il centro del potere austriaco. Vi consiglio di visitare queste residenze, bellissime, insieme al Castello di Belvedere che (tra le altre cose) ospita un importante museo di arte. Io rimasi molto affascinata da tutto quello che vidi.

Invece non visitai, e quindi dovrò tornare a Vienna prima o poi, il Palazzo della Secessione. Si tratta di un palazzo-manifesto della versione austriaca del Liberty. Klimt e Schiele furono fra i primi adepti di questo movimento artistico, la Secessione appunto. L’architettura “troppo moderna” per l’epoca, fece arricciare il naso a molti. Oggi è uno dei luoghi più visitati dai turisti. Ha una cupola rivestita da 3.000 foglie di alloro di metallo dorato. Se qualcuno di voi lo ha visitato, lo scriva nei commenti.

I teatri più conosciuti sono due: la Staatsoper e il Burgtheater. A dir la verità sono teatri famosi in tutto il mondo. Io sono stata in uno dei due, ma non ricordo quale. Che vergogna!

Poi c’è tanto altro da vedere, ma a voi il piacere della scoperta. Ciao

0 commento
2 FacebookTwitterPinterestLinkedinTumblrRedditStumbleuponWhatsappTelegramLINEEmail

Otranto

di Le righe di Ornella

Non so se sia comune, ma a me è accaduto spesso di scoprire luoghi belli e ricchi da adulta, e solo perché molto vicini a dove vivo, per cui c’è sempre quell’idea che tanto si fa presto ad andare a visitarli. E non si va mai. Per esempio non ho ancora visitato Castel del Monte: imperdonabile!

A Otranto invece, ci sono andata spesso, ma sempre per qualche ora, e sempre in estate. Qualche anno fa, per esempio abbiamo trascorso una bella giornata di fine agosto a Porto Badisco. Si tratta di una località balneare che appartiene a Otranto, di cui già Virgilio parla nell’Eneide, a proposito dell’approdo di Enea. Tra l’altro, Porto Badisco ospita la “Grotta dei Cervi” dove sono conservati disegni di epoca neolitica realizzati con guano di pipistrello. Già.

A luglio 2018, ho avuto la possibilità di fare qualche giorno di vacanza con il mio romano. Negli anni è diventata molto popolare, ha tanto turismo anche se prevalentemente estivo, e offre possibilità sia per chi voglia visitare, sia per chi voglia godersi il mare di cristallo che comunque, in Puglia, è praticamente ovunque. A proposito di mare, vi suggerisco la Baia dei Turchi, che prende il nome dall’approdo dei guerrieri turchi, durante la battaglia di Otranto. E’ un posto bellissimo, anche se purtroppo affollato. In ogni caso, sarebbe un peccato non andarci.

Se invece volete godervi la città, sappiate che passerete dalla luce abbagliante del giorno (grazie anche alle case bianche tipiche del Sud), ai caldi colori del tramonto. In entrambi i casi, sempre il mare a completare la fotografia del luogo.

Il centro storico di Otranto è grande e attivo, e come per tutti i centri storici è il cuore della città. Non potrete fare a meno di comprare qualche tipicità. Noi comprammo qualche gioiello in vetro, dipinto a mano.

La Cattedrale. E’ stata costruita nel 1088 ed è famosa per il suo pavimento a mosaico ma anche per essere custode dei resti di 800 martiri otrantini che furono giustiziati dai turchi, nel 1480.

Il Castello Aragonese. Insieme alla cinta muraria costituisce l’insieme difensivo della città. Dalla sua costruzione, ha subìto numerosi assedi ma altrettante ricostruzioni e potenziamenti. Tra l’altro è protagonista del primo romanzo gotico nella storia della letteratura, scritto da Horace Walpole (1764).

Ho parlato di Porto Badisco e Baia dei Turchi ma anche i Laghi Alimini sono molto interessanti poiché, uno è di acqua salata e l’altro di acqua dolce. La flora intorno ai laghi è rara e preziosa e in generale l’habitat consente la presenza di numerose specie animali.

Sul cibo sono assolutamente di parte, per cui non dirò nulla, ma provatelo senza indugi e di nascosto dalla bilancia. Buon viaggio

0 commento
2 FacebookTwitterPinterestLinkedinTumblrRedditStumbleuponWhatsappTelegramLINEEmail