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Kimono

Banana

di Le righe di Ornella

Ho letto diversi romanzi di Banana Yoshimoto, non tutti, ma ciò che mi ha attratto la prima volta, fu il suo nome. Trovo sempre buffo che a persone o animali sia dato il nome di un frutto; nel suo caso però, Banana è uno pseudonimo, perché il suo nome di battesimo è Mahoko. E’ una scrittrice giapponese con un debole per l’Italia (brava!).

Esiste un certo Giappone, nell’immaginario generale, fatto di efficienza, tecnologia, sushi a volontà, kimono, kabuki e geishe. Su efficienza e tecnologia non c’è nulla da dire, per quanto, nonostante siano all’avanguardia nella progettazione e invenzione tecnologica, i giapponesi non amano molto servirsene; riguardo il sushi, pare che in Italia se ne mangi molto di più; il kimono viene indossato più spesso dai turisti, durante la vacanza, che dagli stessi giapponesi; sul kabuki non saprei dirvi se sia ancora rappresentato come dal 1600 fino a fine 1800 e sulle geishe, per favore, è tempo di fare chiarezza.

Geisha significa arte e persona: le giovani che aspiravano a diventare geishe, dovevano studiare per anni danza, musica, poesia e dovevano anche saper cantare. Purtroppo, già nei secoli passati, si è diffusa in Occidente l’idea che fosse una donna di facili costumi, e pure assoggettata all’uomo. Non è così, ma questa convinzione persiste ancora.

Tornando alla scrittrice, dal primo romanzo che ho letto (“Kitchen”) e che credo sia pure il suo primo scritto, ho sempre mantenuto l’interesse per i suoi lavori. Intanto perché smonta un cliché consolidato che vorrebbe i giapponesi sempre produttivi e dinamici. Con i suoi protagonisti non è così. Nei suoi romanzi i tempi sono lunghi, le giornate scandite in modo lento, spesso il freddo e la neve fanno parte delle trame, ma anche i vulcani e le giornate al mare ventose. E poi il cibo e il gusto della tavola, l’amore, il sesso, l’amicizia, la morte e la religione. Questi sono i temi che ricorrono nei suoi romanzi, o almeno in quelli che ho letto.

Altro elemento è l’età giovanile dei protagonisti, che non è esattamente la mia, ma arrivati all’ultima pagina, ci si accorge che è un dettaglio interessante. Ci sono i legami familiari, l’amicizia fra tre cugine e un cane (“Tsugumi”). Ma c’è anche il gusto per l’esplorazione dei percorsi della mente, dell’introspezione, dei dialoghi suggestivi con le anime delle persone speciali che hanno fatto parte della nostra vita (“Amrita”). C’è un viaggio in Egitto, per distrarsi dall’attesa di una responso che cambierà la vita di una piccola cerchia di amici, molto legati fra loro (“Sly”).

Ogni romanzo ha elementi comuni ed elementi totalmente differenti. Se non conoscete ancora questa scrittrice (com’è possibile?), vi suggerisco di approfittare del distanziamento sociale che in qualche modo dovremo ancora purtroppo tenere, per sceglierla e scoprirla.

Del resto l’estate è sempre una buona stagione per le scoperte. Buona lettura

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