Quando c’è un lutto di mezzo, tutte le vite che ruotano intorno, subiscono una modificazione, in alcuni casi definitiva, in altri, per fortuna, solo temporanea. È quello che accade nel film Gente Comune (Ordinary People), primo lavoro di Robert Redford come regista. Quando uscì avevo 15 anni e come è facilmente immaginabile, mi colpì molto. Mi colpì soprattutto l’idea che un lutto familiare potesse allontanare affettivamente, invece che unire ancora di più.
La trama
Una famiglia dell’alta borghesia di Chicago, è sconvolta dalla morte del figlio primogenito. Calvin e Beth (rispettivamente Donald Sutherland e Mary Tyler Moore), e il loro figlio Conrad (impersonato da Timothy Hutton) devono fare i conti con l’insostenibile peso della morte di Buck (impersonato da Scott Doebler). Ogni personaggio è molto ben definito: Conrad, è un ragazzo come tanti che un giorno, durante una gita in barca a vela sopravvive ad un incidente in cui però, il fratello muore. Sopraffatto dai sensi di colpa, tenta il suicidio e trascorre 4 mesi in una clinica psichiatrica.
Sua madre, donna severa è interessata solo a dare una parvenza di normale continuità familiare, reprime con molta forza il suo dolore. Questo dolore, non è solo provocato dalla perdita di un figlio, ma dalla perdita del figlio preferito. Conrad quindi deve gestire il senso di colpa per essersi salvato e la freddezza di sua madre, la quale soffocando il suo personale dolore è ovviamente incapace di alleviare quello del figlio, ma anche del marito.
Il marito sembra la figura più lucida in tutto questo vissuto. Fa da arbitro tra le continue incomprensioni fra madre e figlio, teme che il figlio ritenti il suicidio e capisce che questa tragedia sta portando alla luce le falle del suo matrimonio.
Non c’è dubbio che si tratti di un film drammatico, tuttavia ci sono due figure positive che alleggeriscono la vita di Conrad: lo psichiatra dottor Berger (interpretato da Judd Hirsch) e Jeannine (interpretata da Elizabeth McGovern), giovane ragazza infatuata di Conrad.
Bene, con la trama mi fermo qui, ma vi assicuro che il finale non è scontato.
Curiosità
Questo film ha vinto 4 premi Oscar e 2 nominations. A Robert Redford per la regia, a Timothy Hutton come migliore attore non protagonista. E a proposito di curiosità, ho trovato curioso che il personaggio di Timothy Hutton sia considerato come “non protagonista”. La sua figura è centrale, e anzi, è il punto di partenza per una riflessione approfondita dei genitori, sullo stato di salute del loro matrimonio. Ancora, ho trovato curioso che Donald Sutherland (che impersona Calvin) non sia stato in gara per l’Oscar, ma solo per il Golden Globe. Mary Tyler Moore ha avuto una nomination per l’Oscar e ha vinto il Gonden Globe. Stessa cosa per Judd Hirsch.
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4 commenti
Interessante!
Grazie Grazie!
Un film del cuore, che mi è stato d’aiuto in un momento difficile. E un’osservazione, la tua, che sposta l’attenzione su una delle domande con le quali il film infatti ci lascia: che conseguenze provoca la sofferenza? come mai spegne invece di favorire la comprensione tra le persone? in che modo ciascuno di noi supera i traumi? E soprattutto, come noti tu, perché un lutto frammenta invece di unire? Per chi non l’avesse mai visto, non commento il finale. Se è vero che i film possono essere terapeutici, questo – di cui ho amato tutto: le interpretazioni sentite degli attori, l’angoscia del giovane protagonista, l’incomprensibile freddezza della madre, la lucidità accorata del padre, la scena di chiusura, col Canone di Pachelbel che accompagna, con la sua olimpica armonia, lo scioglimento pacato di una tragedia familiare e il ritorno alla vita – lo è in modo potente.
Grazie per aver commentato, concordo su tutto. Buon Anno!