Stamattina, mentre camminavo in centro, mi è venuta in mente questa frase. Non è che stessi facendo niente di particolare, se non camminare in una giornata di sole, ma fredda. Sarà stato proprio il freddo e l’idea di estate lontana a farmela pensare.
Resta che è questo che penso davvero: non c’è niente di sentimentale nella pazienza, perché invece è una pratica del tutto razionale. Ed è un esercizio costante che inizia da piccolissimi. Probabilmente, anche le persone poco pazienti o molto poco pazienti, hanno imparato qualcosa in merito. Magari non lo sanno ma essere nella fila più lenta, tra tutte le file degli uffici pubblici senza lamentarsi, è esercizio di pazienza.
Quando si è piccoli è un continuo sentirsi dire “Potrai farlo quando sarai più grande”. Che è anche normale: ci sono cose che richiedono una età specifica. Il punto è che per un bambino è un concetto astratto. Grande quanto? Grande inteso come alto? Oppure con più anni? Così, giusto per fare un esempio personale, un giorno di diversi anni fa, mia figlia la primogenita mi chiese quando avrebbe potuto cucinare e io che stavo per cascare nella risposta di sopra, mi ripresi un attimo prima, e le dissi “Quando sarai più alta dei fornelli”. Siccome sorrise, capii che l’avevo soddisfatta e siccome le mie figlie sono alte, l’attesa è stata breve. Ma anche quello fu un esercizio di pazienza.
A me che a ottobre mi metto in modalità attesa dell’estate successiva, occorre molta pazienza. Ma in genere è una qualità che mi riconosco e che mi ha aiutato in tante circostanze.
In teologia è considerata una virtù, perché riesce a dominare le angosce, le azioni senza giusta riflessione e vince sui cattivi propositi. A me ha dato la certezza sulla conclusione di questioni che, se gestite con la fretta, non avrebbero dato buoni risultati. Anzi, posso dire che grazie alla mia pazienza, alcune cose sono andate dove dovevano andare (e qui ciascuno ci metta del proprio), senza alcuno sforzo da parte mia.
Quindi pensiamoci tutte le volte che contiamo fino a 5: non basta, dobbiamo arrivare a 10. E se non basta lo stesso, dobbiamo ricominciare daccapo. Inspirare profondamente ed espirare, mettendo in tutti quei secondi la sequela di “cosucce gentili” che pensiamo ma non possiamo dire.